Ucraina, vilipendio alla “rivoluzione”

 “La società portatrice dello spettacolo non domina le zone sottosviluppate soltanto con la sua egemonia economica. Le domina in quanto società dello spettacolo. Dove la base materiale è ancora assente, la società moderna ha già invaso spettacolarmente la superficie sociale di ogni continente. Essa definisce il programma di una classe dirigente e pre­siede alla sua costituzione. Come presenta gli pseudo-beni da bramare, così offre ai rivoluzionari locali i falsi modelli di rivoluzione. Lo spettacolo proprio del potere burocratico che detiene alcuni dei paesi industriali fa esattamente parte dello spettacolo totale, come sua pseudo-negazione gene­rale, e suo sostegno. Se lo spettacolo, considerato nelle sue svariate forme locali, esibisce come univoche delle specia­lizzazioni totalitarie della facoltà d’espressione e dell’am­ministrazione sociali, queste finiscono col fondersi, al li­vello del funzionamento globale del sistema, in una divi­sione mondiale dei compiti spettacolari.”
 

Affido il mio commento alla vicenda dell’Ucraina (e volendo, del Venezuela) alle parole di cinquant’anni fa di Guy Debord, già usate per l’esergo: “Alla beata accettazione di ciò che esiste può così unirsi come un’unica cosa la rivolta pura­mente spettacolare: il che traduce il semplice fatto che la insoddisfazione stessa è divenuta una merce appena l’abbondanza economica si è trovata in grado di estendere la propria produzione sino al trattamento di una simile materia prima”. David Foster Wallace la diceva in termini più semplici: “La ribellione è una merce usata per vendere altre merci”. E se non si fosse ancora capito, rispiego il tutto: state appoggiando delle nuove guerre imperialiste, non delle rivoluzioni popolari.
Se esistesse il reato di vilipendio alla “rivoluzione” saremmo tutti implicati.

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